FICHTE JOHANN GOTTLOB

Amsterdam, 24 novembre 1632 – L'Aia, 21 febbraio 1677, Olanda Rammenau, Alta Lusazia 1762 – Berlino 1814
 
La rappresentazione di un fatto non si spiega da sé ma rimanda all’atto che lo pone e deve essere un atto incondizionato poiché altrimenti non sarebbe “principio assolutamente primo”. Per Fichte tale principio è l’autointuizione dell’Io puro. Esso è incondizionato poiché l’Io pone se stesso cioè è un essere posto che dipende solo da se stesso ed è un atto poiché il suo essere è essenzialmente un porsi. Il porsi dell’Io puro è un’immediata e pura consapevolezza di sé. Per spiegare la coscienza, che si costituisce solo in rapporto ad oggetti di cui è appunto coscienza, occorre presupporre un altro principio detto da Fichte “l’Io pone il non- Io”. Il fatto che il non- Io (l’oggetto) debba essere posto dall’Io dipende dal fatto che esso non si può giustificare da sé cioè non si può pensare ad un oggetto se non per un soggetto. Per Fichte non si può restare nella pura contrapposizione di Io e non Io, che sancirebbe l’estraneità del non Io dall’Io, la sua irrazionalità, ma occorre trovare la mediazione con il principio “Io oppone nell’Io all’Io divisibile un non- Io divisibile”. L’Io, riconoscendosi limitato dal non-Io, diventa finito e molteplice cioè divisibile poiché in quanto finito esprime solo parzialmente l’Assoluto. Per Fichte la Scienza teoretica si fonda sulla determinazione dell’Io da parte del non Io in quanto tutte le forme della conoscenza implicano un rapporto con un oggetto conosciuto e in tale percorso l’Io passa dal massimo di passività (la semplice sensazione) ad un massimo di attività, cioè all’autocoscienza.
Bibliografia: PERONE-FERRETTI-CIANCIO “STORIA DEL PENSIERO FILOSOFICO”
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